Cosa accade quando il genitore collocatario ostacola deliberatamente i rapporti dell’altro genitore con il figlio minore? Chi sono i soggetti danneggiati da tale condotta: il genitore, il figlio o entrambi?
Come noto la L. 8 febbraio del 2006 n° 54, ha introdotto nel nostro ordinamento un principio di civiltà importantissimo “ … il figlio minore ha diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione ed assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e i parenti di ciascun ramo genitoriale …”.
Tale principio è espressione della c.d. bigenitorialità.
Attenzione però la bigenitorialità è un diritto del minore e non, è come comunemente si pensa, una prerogativa dei genitori.
Non a caso, in tutti i procedimenti giudiziari che si occupano di affidamento di minori, l’obiettivo principale che viene perseguito è la bigenitorialità; consentire cioè al bambino o all’adolescente, di vivere con la stessa intensità affettiva e umana sia la mamma che il papà.
Purtroppo a volte le cronache riportano casi in cui il genitore affidatario consapevolmente, mediante condizionamenti psicologici reiterati, induce il minore a rifiutare l’altro genitore; fino al punto che il bambino o l’adolescente non desidera più frequentarlo.
E’ questa la PAS, meglio nota come “Sindrome di Alienazione Genitoriale”.
In tali casi, il giudice, se interpellato nell’ambito della procedura prevista dall’art. 709 ter c.p.c., è tenuto ad accertare in concreto la sussistenza della condotta, impiegando i mezzi di prova previsti dal processo civile, quali l’ascolto del minore e le presunzioni. A tale riguardo è ritenuto significativo l’accertamento dell’esistenza di un legame simbiotico e patologico tra il figlio e il genitore collocatario.
La morbosità infatti è un chiaro indice di condizionamento.
Del resto tra i requisiti di idoneità genitoriale vi è anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni del figlio con l’altro genitore; obiettivo questo che deve sempre prevalere su eventuali motivi di rivalsa o di rancore nei confronti dell’ex coniuge o compagno.
E sia ben chiaro, per il genitore affidatario realizzare tale obiettivo, non è una mera facoltà ma un preciso dovere.
Prova ne sia che all’esito del procedimento giudiziario, ove venga accertato che il genitore affidatario abbia violato tale obbligo, lo stesso può persino essere sanzionato con la condanna al risarcimento del danno nei confronti dell’altro genitore e dello stesso figlio.
A subire le conseguenze pregiudizievoli del PAS infatti non sono solo i genitori non affidatari che si vedono menomati nell’esercizio delle loro prerogative, ma anche e soprattutto i figli minori, ai quali loro malgrado,viene impedito di avere rapporti significativi con l’altro genitore, con gravi ripercussioni nella sfera psicoemotiva e della personalità.
Ma non basta. La volontaria sottrazione del figlio all’altro genitore, quando non è scriminata da alcuna causa di giustificazione, può assumere anche rilevanza penale ed integrare gli estremi della sottrazione consensuale di minorenne, (573, 574 c.p.), inosservanza dei provvedimenti del giudice civile (art. 388 c.p.) o maltrattamenti (psicologici) in famiglia (572 c.p.).
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